Ma anche il decisionismo può non rivelarsi sufficiente se, come aggiunge Alessandro Maria Ferreri, grande manager della moda che a 45 anni, continuando a vivere fra Milano e New York, ha deciso di fondare una sua società di consulenza “su misura”, The Style Gate, non si ha una chiarezza di visione tale da ricercare e osare la ristrutturazione completa di marchio e non la sua “estensione all’infinito” che è, spiega, un altro dei grandi errori dell’industria della moda italiana.
«Molti tra i nostri imprenditori pensano che innovare significhi aggiungere o approcciare posizionamenti di mercato lontani dal loro core business, vedi il produttore di calzature di lusso che si da alle sneaker e poi si stupisce di non venderne nemmeno una, o il faconista di abiti sartoriali maschili che approccia lo sportswear. Stravolgere i propri codici per cercare di inseguire mercati in cui non si ha alcuna riconoscibilità non ha mai senso».
Piuttosto di rischiare l’integrità e il valore del marchio con scelte eccentriche e azzardate, suggerisce, «meglio agire come Zegna, che ha approcciato un segmento per lui relativamente sconosciuto, come quello della moda di tendenza, acquistando il marchio Thom Browne».
